
L’intenzione è quella di raccogliere le fiabe che i nostri nonni ci possono ancora raccontare.
C’è chi ha girato l’Italia per trascriverle dai dialetti delle varie Regioni e ci ha consegnato Cofanetti che le custodiscono e che sono tesori. Poi ci siamo noi, con il cellulare in tasca e internet che ci collega tutti, che possiamo aiutare, farci raccontare, e salvare quelle storie dal tempo, dalla solitudine, dall’abbandono.
Un caro saluto ai vostri nonni!
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Come contribuire: inviando una e-mail all’indirizzo eritriabloodymary@gmail.com, aggiungendo il nome del nonno o nonna, la sua data di nascita e la città di provenienza. Sarà mia cura copiare e incollare il testo integrale inviato. Grazie per il contributo!

Scrivere significa RI-scrivere
Bloodymary
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​​​​​Caro Lettore,
Questo libro è nato in un campo estivo per ragazzi, che giocavano a raccontarsi storie. Questa, si può dire che fosse la mia. Dico "si può dire" perché, ogni volta che la raccontavo a qualcuno, ne usciva in un qualche modo trasformata. Come succede al "telefono-senza-fili": ogni volta, chi ascoltava ci aggiungeva qualcosa di suo.
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IL BLOG DELLE FIABE
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Alba, 1924, Brescia
Le stelline nel fiume
C’era una volta in un paesino di montagna un bel ruscello che attraversava l’abitato. Una famiglia composta da babbo e mamma con tre figlioletti vivevano vicino al ruscello, il più piccolo era più vivace degli altri. Un bel giorno il piccolo decise di avviarsi verso il monte dove nasceva quel ruscello. Ad un certo punto, vide una stella molto luminosa che cadeva verso il ruscello. Incuriosito, corse in quella direzione ed a sua insaputa si trovò davanti a tantissime stelline che galleggiavano nell’acqua, tutte luccicanti e di tutti i colori. Il bambino meravigliato corse a casa ad avvisare i genitori ed i suoi amici e tutti insieme si incamminarono per vedere quello spettacolo. Intanto in paese iniziarono i festeggiamenti, raccogliendo tutte le stelline e parando la piazza, così i ragazzini tutti gioiosi festeggiarono questo grande avvenimento. Tutti gli anni, da quel giorno, si replicarono i festeggiamenti, invitando la gente anche degli altri paesi.
Alba, 1924, Brescia
Il vecchietto nel bosco
C’era un bambino che amava molto gli animali. Lui era in possesso di un cagnolino tutto bianco, da sembrare un batuffolo. Purtroppo un giorno il cagnolino sparì. Così il bambino, tutto disperato e piangente, si mise in viaggio verso il bosco, prese un sentiero e si inoltrò. Camminò a lungo finché non vide una piccola casetta tutta bianca, bussò alla porta. Ne uscì un vecchietto che, incuriosito, gli chiese cosa voleva. Il bambino, piangente, gli chiese se avesse visto un cagnolino tutto bianco, da sembrare un batuffolo. Il povero vecchietto lo fece entrare e gli indicò una casa dove c’era il suo cagnolino, che dormiva beatamente. Il bambino dalla contentezza lo abbracciò, allora il vecchietto gli disse: <<Fermati, che tra poco arrivano tutti i miei amici a trovarmi e così li conoscerai anche tu>>. Dopo poco arrivò un bel cerbiatto, un pappagallo, una lepre e tanti uccellini, tutti amici del vecchietto. Il bambino, dalla gioia che aveva provato, tutti i giorni tornò a trovare quel vecchietto e quei fantastici animali diventati suoi amici ed imparò ancora di più ad amare gli animali, tutti.
Alba, 1924, Brescia
Il furbo fratello
In un paese in mezzo alla campagna si trovava una famiglia composta da genitori e due figli. Quella famiglia aveva molto da fare nei campi avendo mucche, cavalli ed in più tanto pollame.
Un giorno il papà chiama a sé i due figli e dice loro: <<Figlioli, uno tra voi si deve sposare. Purtroppo, in casa occorre una donna che ci aiuti!>>
Uno dei due, il più grande, risponde: <<Io papà perché ne ho il diritto!>>
Iniziarono i preparativi, una grande festa per tutti i parenti e amici e fecero delle nozze in grande. Pochi mesi dopo, però, le cose cambiarono: quella povera sposa l’avevano messa a lavorare di santa ragione, tanto che dopo qualche tempo era dimagrita esageratamente. Finché una domenica la giovane sposa non andò alla Santa Messa ed incontrò il fratello più piccolo che si spaventò nel vederla così dimagrita e le chiese: <<Cosa ti succede, sorella mia?>> In risposta la donna gli raccontò il lavoro che le facevano fare. In risposta il fratello le assicurò di non preoccuparsi, perché ci avrebbe pensato lui. Andò a casa e raccolse nel suo orto tante lumache. Dopo averle raccolte, le fece cuocere, le asciugò e infilò tra loro tutti i gusci formando come una collana. Dopo qualche giorno, trovò la sorella e le spiegò come doveva mettere quella collana: doveva metterla in vita e quando si trovava a tavola a mangiare doveva muoversi continuamente, così i gusci avrebbero scricchiolato tutti.
Qualche giorno dopo, la mamma del marito, nel sentire quel rumore, le chiese: <<Ma cosa c’è, povera donna, che ti fa scricchiolare tutta?>>
La giovane sposa le rispose: <<Ho tutte le ossa rotte, perché ho lavorato troppo>>.
Nel sentire quelle parole la donna le promise di non farle fare più quelle faticacce.
La sposa ringraziò il furbo fratello dei suggerimenti che le aveva dato e fece una vita più serena e contenta.
Alba, 1924, Brescia
La vispa Teresa
Un giorno Teresa vide sull’erbetta una bella farfalletta. Lei tutta gioliva, stringendola viva, gridava: <<L’ho presa, l’ho presa!>> Ma la farfalla mormorò: <<Vivendo, volando, che male ti fò?>> <<Tu sì mi fai male a stringermi le ali!>> Teresa confusa e pentita arrossì e allungando le dita, la farfalla fuggì.
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Dai nonni dei ragazzi della Scuola media di Esine
La regina dei fiori
Tanto tempo fa, sul colle della Trinità, viveva un giovane principe di nome Angelo Del Monte. Egli viveva su un bellissimo castello sulla cima della collina. Era un castello molto grande, recintato da mura fortificate con un'enorme torre per avvistare i nemici da lontano, davanti un'ampia distesa pianeggiante dove non cresceva alcun alberello. Questo principe però si sentiva molto triste perché era da tempo che desiderava avere una compagna... Un giorno decise di partire per il mondo alla ricerca di una sposa. Partì, ma non trovò nessuna moglie adatta a lui... Però, incontrò una vecchietta che gli chiese del cibo. Lui la aiutò e lei in cambio gli diede un fiore: era un piccolo e splendido fiore, azzurro come le nuvole e delicato come il vento d'estate. Il principe, sconsolato, tornò al castello e piantò il fiore nel suo giardino. Ogni giorno lo curava con amore e un giorno il fiore si aprì e dal suo centro uscì una bellissima fanciulla... I suoi occhi risplendevano alla luce della luna, azzurri come i fiori del petalo da cui era nata e il suo viso era talmente bello che il principe ne rimase incantato e se ne innamorò. Si chiamava Gioia ed era la regina dei fiori , il suo sguardo conduceva chiunque la guardasse in un mondo incantato... un mondo di fiori, di profumi, di amore eterno. Da quel magico giorno, la distesa davanti alla SS. Trinità a primavera si riempie di minuscoli fiorellini azzurri, delicati e teneri come il sorriso di Gioia.
Dai nonni dei ragazzi della Scuola media di Esine
Il gigante pauroso
Tanto tempo fa, al castello della SS. Trinità, viveva il conte Alberto. Un brutto giorno un malefico essere rapì Geremia, suo figlio, e lo racchiuse in un pozzo. Il conte Alberto, non riuscendo a liberare Geremia, convocò tutti i maghi del regno; nessuno però aveva un'idea per salvarlo tranne una vecchietta, che gli diede un mantice magico. Pur non sapendo a cosa servisse, il conte andò al pozzo dove vide come guardiano il terribile essere sutafuoco: il gigante Ginetto. Subito capì a cosa servisse il suo mantice magico: per spegnere le orrende fiamme capaci di incendiare chiunque si avvicinasse. Aspettando l'oscurità, il conte si arrampicò sul campanile della SS. Trinità, mettendosi a gettare sassolini al gigante che, infuriato, aprì le sue enormi fauci per sputar lingue di fuoco. Astutamente Alberto prese il mantice e cominciò a spruzzare acqua, tanto da spegnere le lingue di fuoco. Il gigante era stordito, perciò il conte, approfittando del momento, si calò nel pozzo e liberò Geremia. I due uccisero il gigante e si stabilirono nel castello. Dall'ampio prato dove si vede Esine, si celebrò un maestoso banchetto in onore di Geremia. Alla festa partecipò anche la principessa della rocca di Plemo. Il ragazzo, vedendola, se ne innamorò perdutamente e così vissero tutti felici e contenti.
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Dai nonni dei ragazzi della Scuola media di Esine
La pietra magica
C'era una volta, in un piccolo paese, un castello nel quale abitava una vedova che da poco governava Esine. Essa aveva una figlia, chiamata Ambra, talmente bella che era corteggiata dai principi di tutta la Contea. Un giorno la ragazza andò sulla torre più alta del castello. Lì un'aquila la catturò e la porto sulla cima del Monte Badile. La regina organizzò un combattimento e al vincitore sarebbe toccato l'onere di liberare la principessa dalle grinfie dell'aquila. Il giorno seguente Donobello, figlio d'illustre famiglia, s'alzò all'alba e partì con cento armati verso il Monte Badile. Giunse in una foresta dove lo aspettavano due terribili giganti. Il giovane si presentava in svantaggio rispetto agli omoni, ma ad un tratto arrivò un vecchietto che gli regalò una pietra col potere di uccidere chiunque, da scagliare contro il nemico. Dopo aver sconfitto i due giganti, Donobello riprese il viaggio alla ricerca di Ambra. Arrivati alla vetta del monte, dove era imprigionata la principessa, il giovane ragazzo dovette sconfiggere la terribile aquila. In quel momento passò di lì il vecchietto donatore della pietra e gli consigliò di recuperare i capelli dei giganti per metterli nel nido d'aquila. Donobello fece così come gli era stato consigliato e si rifugiò dietro la collina. Passato un po' di tempo, il giovane sentì un urlo, corse, e vide l'aquila morta. A quel punto prese con sé la ragazza e la portò al castello dove si sposarono e vissero per sempre felici e contenti.
I due sposini sono morti ormai, ma chi sale oggi sul roccioso colle ove stanno i resti del castello di Esine può vedere, appoggiata al fianco settentrionale della SS. Trinità, l'antica chiesetta del castello e una tomba mezza diroccata ricoperta da un groviglio di edera e di rose selvatiche. Il popolo assicura che in essa vennero sepolti il conte Donobello e la principessa Ambra.
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Dai nonni dei ragazzi della Scuola media di Esine
L'unguento magico
Donobello e Madonna Umiltà vivevano felici e contenti fino a quando, un brutto giorno, la giovane donna morì e il castellano tornò ad essere un sovrano pieno di superbia. Il popolo era ormai straziato dalle pesanti imposte del malvagio regnante e così il povero ciambellano decise di partire per un lungo viaggio alla ricerca di aiuto. Lungo il cammino incontrò un vecchietto che gli chiese un po' d'acqua e l'uomo gli porse la sua borraccia per dissetarlo. Il vecchietto gli disse: <<Io so che hai un grosso problema e, visto che sei stato così gentile con me, ti voglio aiutare. Vai alla torre che si trova sul Monte Badile e, se riuscirai a superare tre pericolose prove, raggiungerai la cima e ti procurerai la pozione che fa resuscitare i morti. Il ciambellano si avviò e, quando arrivò sotto il Pizzo Badile, cadde in una voragine dove si trovava un uomo nero che cercò di agredirlo, ma egli alzò in alto il pugnale e i raggi del sole sirifletterono contro lo spadino arrivando a colpire il viso dell'uomo nero, che si incenerì. Il ciambellano prese un contenitore e vi depose la cenere. Andando avanti, incontrò un leone nero che si rendeva invisibile tanto che il ciambellano non riusciva ad ucciderlo. Così gettò la cenere a terra, rivelando le impronte della fiera e a quel punto gli saltò addosso, l'uccise, gli strappò un artiglio e se lo mise in tasca. Era ormai arrivato sulla vetta, quando scorse un enorme scorpione nero che sputava veleno. Il ciambellano si affrettò ad afferrare l'artiglio e così tagliò lo scorpione, che perse del sangue misto a veleno. Finalmente il buon ciambellano raggiunse la cima, recuperò l'ampolla con l'unguento magico e, sceso verso il monte, si avviò verso il castello. Qui raggiunse la stanza dove si trovava Madonna Umiltà, sdraiata sul letto, così si avvicinò a lei e le sparse l'ungento sul viso. Presto la giovane donna si risvegliò e si mise a cantare. Donobello, sentita la bellissima voce di sua moglie, si affrettò a raggiungerla. Il castellano vide il sorriso tornare sul volto del giovane, che tornò ad essere un saggio e umile sovrano accanto a Madonna Umiltà, governando con giustizia sulla contea di Esine.
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